BIO | COLOMBO Furio

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Giornalista e scrittore. Dagli Stati Uniti, dove ha vissuto e lavorato a lungo (vice-presidente Olivetti America, presidente della Fiat Usa), ha scritto per La Stampa, La Repubblica, L’Espresso, Panorama, L’Europeo, Condirettore di Nuovi Argomenti, direttore della edizione italiana della “New York Review of Books” e di “Architettura, Cronache e Storia,” fondata da Bruno Zevi. Ha insegnato Giornalismo Internazionale alla Columbia University, è stato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York. È autore della Legge sul Giorno della Memoria della Shoah. Dal 2001 al 2005 è stato Direttore dell’Unità, deputato e senatore del Partito Democratico, presidente della Commissione Permanente della Camera dei Deputati per i Diritti Umani. È editorialista del Fatto Quotidiano.

Al Festival 2022 il suo intervento con Carlo Rognoni, Luca Ubaldeschi è stato:

Guerra e informazione
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Al Festival 2019 il suo intervento con Marcello Flores è stato:

Il tempo di Adriano Olivetti
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Al Festival 2018 i suoi interventi sono stati:

con Gianni Coscia, Roberto Cotroneo, Paolo Fabbri, Riccardo Fedriga, Maurizio Ferraris, Valentina Pisanty, Marco Santambrogio
Musica e parole. Un ricordo di Umberto Eco
Dell’ingegno multiforme di Umberto Eco si è ricordato molto ma non tutto: il serissimo studioso di san Tommaso, semiologo, romanziere, bibliofilo, faceva posto nella sua sterminata memoria alla più completa raccolta di barzellette del secolo. Ci raccontano il suo precoce umorismo due amici di infanzia e di gioventù e di tutta la vita, Gianni Coscia e Furio Colombo. I suoi allievi e poi colleghi, Valentina Pisanty e Riccardo Fedriga, ricordano qualcuna delle sue infinite battute di spirito. Roberto Cotroneo, Paolo Fabbri, Maurizio Ferraris, Marco Santambrogio, vecchi amici e colleghi, descrivono i momenti più impensati in cui lo hanno visto ridere e giocare con le parole.
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La guerra mondiale di Salvini
Di immigrazione si parla molto, nelle cronache dei giornali e in tv, nei dibattiti pubblici e nelle discussioni private. Eppure molte domande sull’argomento restano ancora senza risposta. Da dove arrivano, e cosa cercano, i migranti che tentano la via del Mediterraneo? Cosa sono, e come si diffondono, le fake news sui flussi migratori? Quali sono i limiti e le responsabilità delle politiche italiane ed europee sull’accoglienza? A partire dal suo ultimo libro, Clandestino (La nave di Teseo), Furio Colombo tratterà, con l’intensità e il rigore del grande giornalista, uno dei temi più caldi del nostro tempo, evidenziandone le incongruenze e i paradossi e sfidando il politically correct con la forza delle idee e della ragione.
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Al Festival 2016 il suo intervento è stato:
Quanto manca alla intercettazione e sorveglianza del pensiero?
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Al Festival 2015 il suo intervento è stato:
Le parole nella politica, sulla politica, contro la politica
Il linguaggio politico, alternativamente incomprensibile o banalizzato secondo modelli di volta in volta imprenditoriali, di show business e di metafora medica, viene a configurarsi come una lingua morta, che non può organizzarsi come testo perché non corrisponde a eventi reali, oppure li nasconde, oppure li ignora. Diventa patetico ma credibile solo nel caso in cui subentrano confessioni. Il linguaggio politico esiste solo come linguaggio prepolitico dei non ancora addetti ai lavori, durante la prima campagna elettorale (e in questo senso i Cinque Stelle sono un modello di estraneità che, una volta ottenuto il seggio, precipita nell’afasia e tenta di risalire attraverso l’incidente e la ribellione continua) e come memoriale post-politico. Qual è la ragione di questa impossibilità di avere e usare un linguaggio politico serio e credibile come quello di ogni altro linguaggio professionale? Il fatto è che, in condizioni di camuffamento continuo, nel quale devono sempre essere perdute le tracce di qualunque percorso (per precauzione, per protezione o per imitazione), risulta impossibile da un lato partecipare a una realtà narrabile, e, dall’altro, dare un linguaggio a una realtà non narrabile. Il che non significa che ogni atto politico sia estraneo alla trasparenza e all’onesto rendiconto. Ma tutto è compiuto come se lo fosse. E la non realtà non può avere un linguaggio. Ci si chiede allora: esistono modelli di un possibile e tollerabile linguaggio politico, esempi concreti di una radicale trasformazione?


Al Festival 2014 il suo intervento è stato:
Il direttore irresponsabile
Direttore irresponsabile è una buona definizione per chi si trovi, oggi, a dirigere un giornale, un telegiornale o un blog. Deve  confrontarsi con notizie senza fonte e senza controllo (la rete), con notizie che hanno una fonte e un controllo maniacale (la politica), con notizie misteriose ma fortissime (l’economia), e devi scegliere e decidere mentre ti cambiano continuamente il contesto. È come se altri ti muovessero le mani mentre scrivi o ti cambiassero le parole mentre parli. Si può fare?